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L’aggressività come risposta

Categoria: Educare
aggressività_bambino

“Colui che dà libero sfogo a gesti violenti non farà che incrementare la propria rabbia”( Darwin - L’espressione delle emozioni negli animali e nell’uomo, 1872)

Il comportamento aggressivo si manifesta attraverso azioni violente, sul piano fisico o verbale, volte a provocare nell’altro danno, dolore o sofferenza. Picchiare, insultare o minacciare qualcuno, in maniera diretta o indiretta, o anche distruggere oggetti che appartengono a qualcun altro, sono esempi tipici di comportamenti aggressivi.

La rabbia crescente e l’odio alimentano l’aggressività, predispongono a comportamenti volti a provocare danno e a ferire; allo stesso tempo, l’azione aggressiva può rappresentare anche solo uno strumento messo in atto per raggiungere un altro scopo meno diretto (è il caso, per esempio, degli atti terroristici: le vittime non sono il vero bersaglio).

Cosa determina l’agire aggressivo? Il senso di frustrazione, sperimentato da ciascuno di noi ogniqualvolta percepiamo l’esistenza di qualcosa che ostacola il raggiungimento di un nostro obiettivo, o avvertito in quelle situazioni in cui si percepisce una distanza eccessiva tra le nostre aspettative e ciò che di fatto siamo e abbiamo nella realtà, provoca in noi un vissuto di rabbia che può determinare reazioni e comportamenti aggressivi.
Pur avendo chiaro ciò che ostacola il nostro percorso, spesso direzioniamo i nostri comportamenti aggressivi non  direttamente sulla fonte, ma su bersagli più  controllabili e accettabili (dislocazione): non riesco ad affrontare il mio datore di lavoro e divento aggressivo nei confronti delle persone che più mi stanno vicino.
Ciò avviene per paura di incorrere in punizioni eccessive o per timore di essere disapprovati.
Per evitare di essere coinvolti in situazioni eccessivamente frustranti, occorre modificare le proprie aspettative, porsi obiettivi facilmente raggiungibili e realistici.

L’aggressività viene considerata come un impulso innato, come una risposta a un senso di frustrazione, ed anche come un comportamento che può essere appreso.
L’esposizione continua a scene e comportamenti violenti determina una graduale desensibilizzazione nell’individuo, tale da condurlo progressivamente ad accettare quel preciso modello e a utilizzarlo a seguito di un processo di imitazione. La visione di immagini violente veicolate dai mass media espongono al rischio di attuare comportamenti violenti e aggressivi, legittima una serie di “copioni di azione” cui conformarsi in maniera acritica.

La realtà virtuale sempre più perfezionata, propria dei videogiochi, favorisce un coinvolgimento diretto, così come l’impatto per ciò che accade al suo interno risulta sempre più forte. Nel gioco di simulazione, proprio della realtà virtuale del videogioco, si sperimentano le proprie abilità nel programmare, pianificare e realizzare azioni violente. Alla simulazione si collegano pensieri e sentimenti aggressivi che ostacolano o rallentano il manifestarsi di un comportamento costruttivo.
Ciò che scatena l’impulso aggressivo non è tanto il contenuto di quanto viene osservato o ascoltato (per esempio in riferimento ad alcuni testi di canzoni), quanto la sollecitazione fisica che ne deriva.

La violenza genera altra violenza: l’esposizione alla violenza attiva pensieri collegati alla violenza. La rabbia è alla base dell’agire violento: le punizioni fisiche che utilizzano la violenza come strumento non fanno che incrementare il senso di rabbia e di frustrazione in chi le riceve. Diviene una risposta e uno strumento incoerente rispetto all’obiettivo che si pone.
Per risolvere i conflitti risulta positivo l’utilizzo di strategie di risoluzione funzionali e l’attivazione di tecniche di autocontrollo. Promuovere la sensibilità e la cooperazione, valorizzando il positivo presente in ogni azione, determina il consolidarsi di abilità che permettono di prevenire l’adozione di comportamenti violenti.

Dott.ssa Stefania Giuliani, pedagogista

 

 

 


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