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Apprendere…che paura!!!

Categoria: Educare

In una situazione di apprendimento scolastico, all’interno di un sistema strutturato, la risultante del processo di adattamento può determinare una serie di problematiche legate all’individuo che apprende e all’organizzazione del sistema stesso. Il sistema scolastico, con la sua funzione di istruzione e formazione degli individui,  si ritrova sovente a dover fronteggiare forme di disagio sempre maggiori e nuove.

Può esserci disagio nel momento in cui il bambino si rende conto di non essere in grado di affrontare le nuove richieste, a causa di una immaturità nello sviluppo di alcune abilità di base ( prerequisiti dell’apprendimento, abilità sociali, stabilità emotiva, ecc.).
Sta a noi adulti, insegnanti e genitori, prendere consapevolezza della situazione e attivarci in prospettiva di un recupero delle carenze rilevate. L’ambiente scolastico, nella sua struttura formale, richiede inoltre il rispetto di regole precise e nuove, l’adattamento a metodi di insegnamento e di apprendimento che esigono alti livelli di attenzione, applicazione costante, la capacità di autocontrollo, un’esecuzione precisa, puntualità e rigore. E come se ciò non bastasse, molto spesso il bambino si ritrova a dover fare il possibile per non deludere le aspettative di genitori troppo esigenti o per nulla comprensivi.

Tutto ciò può essere vissuto da un alunno in maniera molto stressante e, talvolta, l’accumulo emotivo si riversa a scuola attraverso agiti provocatori o comportamenti disturbanti o addirittura, all’opposto, in atteggiamenti di isolamento e ritiro. Questo scenario racchiude infine una casistica di alunni che manifestano invece veri e propri disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, discalculia, disortografia, disturbi di attenzione con iperattività, ecc.), per i quali si predispongono programmi di recupero e interventi specifici.
L’apprendimento è un’esperienza emozionante, ma talvolta le emozioni che la sostanziano sono quelle legate alla paura, alla rabbia, al rifiuto, al dolore.

Cosa possiamo dunque fare noi genitori per essere davvero di aiuto? Proviamo a metterci nei panni di nostro figlio, sforzandoci di attuare prima quella “sintonizzazione emotiva” che ci permette di entrare davvero in contatto con lui: condividere le emozioni negative aiuta a renderle meno opprimenti. Non servono troppe parole per riuscire a contenere un vissuto negativo, la relazione affettiva è una base sufficiente per sostenere questo peso. Sforziamoci di comprendere e non di giudicare, non chiediamo la luna a nostro figlio se sappiamo benissimo che non riuscirà a darcela, sosteniamo i suoi successi e non rimarchiamo sempre e solo il negativo. Il genitore onnipotente non esiste! Proviamo a so-stare sul comportamento dei nostri figli, osserviamo attentamente, in silenzio, le sue reazioni e le sue manifestazioni di disagio, non incalziamolo, non aggrediamolo, rispettiamo i suoi tempi e il suo sentire, sosteniamolo ma non sostituiamoci mai a lui. Essere ascoltati, compresi, valorizzati, rispettati, confermati, in maniera autentica, rappresenta già, di per sé, un valido sostegno.

Dott.ssa Stefania Giuliani, pedagogista


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