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Nido, tata o nonni?

Categoria: Educare
nido o nonni

A volte le esigenze lavorative dei genitori e l’assenza di una rete famigliare sulla quale appoggiarsi nella gestione dei bambini piccoli, ti obbligano a pensare a chi affidare il tuo bambino.


A questo punto si può prospettare una gamma di scelta tra tata, famigliari o strutture comunitarie, dal micronido, alla tagesmutter o l’asilo nido.

Da un lato pensare alle cure di cui necessita un bambino piccolo fanno presupporre a un rapporto esclusivo con il caregiver. Alcuni genitori prediligeranno questa scelta, affidando il proprio bèbè ai nonni o famigliari nell’idea che ci sia bisogno di una figura che possa sostituire in toto la madre.
“Meglio l’amore dei nonni, che non le cure standardizzate, almeno gli trasmettono l’affetto..” “poi in mezzo a tutti questi bambini si ammalano, non li guardano bene..”;”come fanno al nido a dargli le giuste attenzioni?”; e i nonni: “ma cosa possono dargli di più di quello che gli darei io?”.

In realtà il ragionamento dei genitori è che ci possa essere una sostituzione della figura materna (o anche paterna) nelle cure date al bambino, ma questa confusione appartiene solo a noi grandi perché i bambini sanno perfettamente distinguere tra mamma, papà e le altre figure che sì possono prendersi cura di lui ma che non fanno altro che ampliare la sua rete di relazioni; come valenza aggiuntiva e non sostitutiva.

Qual è il vissuto della mamma? “no, sa’…. perché lui fa sempre così dopo avere mangiato..”
La difficoltà della mamma è anche quella di fare entrare tra lei e il figlio delle altre figure in questa delicata fase di simbiosi e anche di auto- legittimazione, che a volte la può portare a vivere sentimenti di rivalità. Ad esempio se i nonni dicono “non ha mai pianto fino adesso…! Arrivi tu e inizia a piangere..!!!”oppure “qui si è addormentato da solo” “ah sì..? con me non l’ha mai fatto”. E ogni riflessione, scambio viene interpretato dalla madre come rimprovero o convalida delle sue attenzioni o dei suoi interventi anche educativi.

Ma è possibile sostituire la madre? L’errore dei grandi è spesso quello di pensare al bambino come a un essere passivo e non attivo nella relazione, come un semplice ricettore di cure e non come una persona che pur piccola e bisognosa di attenzioni, è pienamente in grado di interagire con l’ambiente che lo circonda e di captare i movimenti, i cambiamenti, gli stati emotivi e le tensioni. Di certo tocca all’adulto aiutarlo ad integrare nella sua mente tutte le sue esperienze e rispondere ai bisogni che derivano da questo processo.

Quindi il bambino, anche molto piccolo, è perfettamente in grado di distinguere la figura e le attenzioni della mamma da quelle del papà, della tata, dei nonni, dei fratelli ecc..

In questa ottica e magari con il pensiero che il bambino possa giovare delle cure esperte di educatrici preparate in un ambiente pensato per lui e dove ha la possibilità di sperimentare il contatto con gli altri bambini, ci può essere una scelta volontaria dei genitori di iscrivere il figlio al nido pur avendo ad esempio la disponibilità dei nonni a curare il bambino nelle ore di lavoro.
Nei nidi infatti il piccolo viene spesso affidato a una figura specifica per consentirgli di ricevere cure personalizzate e individuali finché da solo riesca a riconoscere tutte le altre figure e magari scegliere quella prediletta. Inoltre il coinvolgimento di figure professionali permette spesso al bambino di sperimentare un rapporto che non viene caricato da aspettative da parte dell’adulto, e quindi spesso privo di tensioni anche grazie alla condivisione degli avvenimenti all’interno del gruppo di colleghi, dove l’esperienza e la preparazione permettono di relativizzare e comprendere meglio un semplice pianto.
Gli educatori fungono allora da figure supportive alla famiglia perché più facilmente riescono a relativizzare gli avvenimenti che possono destare preoccupazioni ai genitori o al contrario rappresentano una reale risorsa nel caso di difficoltà effettive.

Tutto è possibile solo se i genitori che affidano i propri piccoli, ai nonni o al nido, riescono a farlo con una certa serenità, che potrà anche consolidarsi nel tempo, ma dove questa parziale delega delle cure parta da un certo rapporto di fiducia tra gli adulti che girano intorno al bambino e il tempo trascorso “senza la mamma e il papà” non sia erroneamente vissuto dagli stessi come un tempo vuoto o carenziato sulla scia dei sensi di colpa dell’averlo lasciato, per lavorare o prendersi i propri spazi di vita adulta, necessari d’altronde a una maternità o una paternità serena.

Dott.ssa Ilaria Di Ciccio, Psicologa Psicoterapeuta
In collaborazione con Dott.ssa Eve Mourad, Psicologa Psicoterapeuta


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